Appunti dalla Peste. L'invisibile di queste promesse.

Joseph Ratzinger, non ancora pontefice, in "Introduzione al Cristianesimo" scriveva: 

[La parola credo] ci suggerisce che l'uomo non considera il vedere, l'udire e il toccare come la totalità delle cose che lo riguardano, che non ritiene fissati i limiti del suo mondo. (Introduzione al Cristianesimo, Il salto della fede, un tentativo di definizione essenziale della fede)
Ho pensato che questa capacità degli uomini e delle donne di superare la dimensione contingente e cogliere un senso più profondo del reale sia molto viva in questo tempo. Non mi riferisco, però, alla dimensione religiosa, ma soprattutta a quella relazionale. 
Le nostre amicizie, i nostri amori, le nostre famiglie esistono e resistono anche se invisibili, impossibili da udire o da toccare. Molti miei amici vivono lontani dalla mia città e quelli che vivono qui è difficile vederli: forse la fatica di tutte le innaturali attenzioni da tenere ha diradato un po' la voglia di incontrarsi. Credo accada anche a voi che mi leggete. Eppure la storia non finisce qui: continuiamo a desiderare di abbracciare e baciare e ogni momento passato nella desolazione ci fa intendere, più lucidamente, cosa è Bene, cosa desideriamo.


Nella notte. Léon Spilliaert, Hofstraat, Ostend, 1908. Photo: © Cedric Verhelst

Hannah Arendt sosteneva che ciò che ci permette di sopravvivere ad un mondo imprevedibile e pericoloso è la capacità di promettere: 
Il rimedio all'imprevedibilità della sorte, alla caotica incertezza del futuro è la facoltà di fare e mantenere promesse [...] Il vincolarsi con delle promesse serve a gettare nell'oceano dell'incertezza, quale è il futuro per definizione, isole di sicurezza senza le quali la continuità, per non parlare di una durata di qualsiasi genere, sarebbe possibile nella relazioni tra uomini. (Vita Activa)

In questo anno, instabile come non mai, uno sguardo, un saluto, un "ti voglio bene" sono promesse. Ci promettiamo, dalle mascherine, di stringerci ancora un po', che resisteremo, che ci ritroveremo "lì dove non c'è tenebra". Nelle tenebre di questo anno, il cui fumo nero pigia sulle finestre delle nostre case, l'amicizia - ampiamente intesa - è la stella polare che ci rasserena che la notte non durerà per sempre.

G. Marcel diceva che "amare qualcuno significa dirgli "tu non morirai"". La morte come manifestazione della assoluta "datità" della nostra vita, come evento che vanifica il nostro potere, possibilità che inquieta e ridimensiona. L'antidoto - è evidente - non può che essere l'Amore, ad assicurarci che la morte non avrà la parola definitiva, che anche quando non ci saremo più qualcuno continuerà a pronunciare il nostro nome. 

Se è vero che alla domanda "Sentinella quanto rimane della notte?" nessuno sembra rispondere, rimane qualcuno a cui domandare e - forse - la Salvezza sta rintanata nel silenzio, in qualche modo eloquente. Invisibile è la sentinella a cui domandiamo, invisibile, perchè lontano, l'amico. Eppure ambedue presenti, custodi di una promessa che la notte finirà, che qualcuno veglierà con noi e sarà pronto a salutare con noi le luci dell'alba.

Sono promesse che ci ricordiamo nel buio delle nostre stanze e che pronunciamo, le sentiamo cadere nel vuoto, misurare una distanza che sembra infinita. Una distanza che esiste però e che quindi indica una presenza. In certe notte siamo soli e sono così cupe da impedire di vedere le nostre prossimità, ma la memoria può aiutarci, come gli israeliti che dolendosi di non essere in Patria ne tengono vivo il ricordo e il desiderio è il primo passo verso l'Amato: "desiderando già possediamo" diceva S. Gregorio Magno.

Il vuoto può diventare un vuoto-pieno, una assenza che dice una presenza, così come la sete ci parla dell'acqua. Mi spaventa davvero perdere il desiderio e perdere il ricordo: significherrebbe dover tracciare da capo la geografia della nostra esistenza. Magari non sappiamo dove siamo, ma sappiamo che qualcosa c'è. 


"L'Angelus" di F. Millet: ricordo e desiderio

L'invisibile delle nostre amicizie, la crudele disincarnazione dei nostri rapporti, tutte le assenze. Sono crudeli, sono notti, ma ci dicono di realtà, corpi, presenze. Noi, umani del XXI secolo, foraggiati da inutili spasmi emotivi e da parametri numerici forse stiamo siamo chiamati anche ad una ragione non geometrica. A vedere anche dov'è buio, col ricordo e col desiderio. A sapere l'invisibile di carezze ancora non date. 

Vi abbraccio.

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