Domani nella battaglia pensa a me - situazione e memoria

Agli amici del QAR5

C'è un celebrato romanzo, pubblicato nel 1994, intitolato "Domani nella battaglia pensa a me". Per tutti i vari motivi per cui uno decide di abbandonare un libro - tutte disconosciute dai cultori della disciplina libraria - l'ho abbandonato. A colpirmi, però, è stato leggere che il titolo è tratto dal V atto del Riccardo III di Shakespeare. 

Domani nella battaglia pensa a me, e cada la tua spada senza filo. Dispera e muori!

Rientra nel gruzzolo di frasi che mi si appiccicano alla mente e poi vi frullano e frullano finchè non si posano su un angolo di realtà. 

La prima frase, prima del punto, non sembra nemmeno una maledizione. Sembra che possa essere ciò che una persona amante dice alla persona che ama prima della battaglia. In questo contesto sprizza dolcezza e non odio. Sembra che chi riceve la frase possa essere salvato dalla battaglia stessa, grazie al pensiero. Che il pensiero della persona amante possa liberare la persona amata dall'onere della spada e rivelare che essa non è vera, ma è "senza filo", come le spade giocattolo. 

Voglio parlare di questa frase ma ignorando il "dispera e muori". La persona dice domani, fa riferimento ad un momento collocato diversamente nel tempo rispetto a quando la frase viene pronunciata. E se nel presente chi parla e chi ascolta sono uniti dalla frase, nella battaglia non ci sarà la parola ad unirli. Il ricordo, il pensiero, suppliscono a questa separazione. 

Einder (Horizon), work by Marlene Dumas | Artsupp
La vita del ricordo nei fiori sulla tomba della madre. Marlene Dumas, Horizon.

Il ricordo non è solamente un esercizio di astrazione della realtà, ma creazione di realtà. Nel ricordo si vive sia la situazione sia ciò che si ricorda - contemporaneamente. Ricordando non ci si sposta in un'altra realtà sostanzialmente uguale e alternativa alla situazione, ma in un'altra realtà diversa per sostanza e che sta necessariamente accanto, nel nostro modo di intendere e sentire, alla situazione in cui siamo immersi.

Perciò quando io ricordo sono sia nella battaglia che altrove. L'altrove e la situazione fungono come occhiali interpretativi l'uno all'altro. E' infatti arcinoto che noi ricordando "falsiamo" il passato - che quindi non è un altrove uguale alla situazione - ed è esperienza comune come una ferita passata ci rende sensibili ad alcuni dettagli, alcune parole, alcuni eventi - che il nostro occhio sul presente è generato nel passato. 

Ciò che capita nelle frasi che frullano nella mia testa è un esempio di questa mutua interpetazione. Le frasi spiegano la realtà e la realtà spiega loro. C'è un travaso di significato. 

A dimostrazione della dignità di reale di cui godono i ricordi c'è la loro capacità di formare le nostre azioni, la loro efficacia. Se ricordiamo qulcosa possiamo agire in un verso o in un altro. 

Mi sono concentrato sulla struttura formale della frase, ma ad affascinarmi e ad originare questi pensieri è il contenuto. Domani nella battaglia pensa a me, e cada la tua spada senza filo. Quando sarai lontano, quando starai soffrendo nella battaglia, pensa a [ ] e tra le mani non avrai più una spada. Se la frase è originariamente intesa per dire che la spada del protagonista sarebbe stata inefficace, io voglio comprenderla all'opposto. Ci sono alcune memorie che hanno la capacità di trasformare la situazione da battaglia a qualcosa di diverso. Questi ricordi, poi, chiariscono che la spada è in verità senza filo, ovvero incapace di rispondere alla situazione. 

Non è semplice restituire la dolcezza che sento pensando al potere di custodia che ha il nostro passato nel nostro presente. A quelle situazioni lontane da me che però sono interiori e sono gli occhiali con cui guardare al presente. Davanti a ciò che succede non c'è solo la mia figura bidimensionale, ma la persona a tridimensionale: che comprende le stratificazioni del proprio passato.

Sono i ricordi che allargano quello spazio che Levinas chiamava Pazienza: il margine, la distanza, tra noi e il dolore, la nostra capacità di tollerarlo senza che esso ci uccida. 

A chi ricorda non rimangono solo disperazione e morte, ma viene restituita un po' del proprio essere persona. Spazio fecondo e carico che sta in un luogo (nell'accezione più ampia del termine) senza che esso detti l'appartenenza definitiva e totale della persona a quel luogo lì. La pazienza, il ricordo, l'amore che abbiamo ricevuto apre in noi una dimensione inalienabile, per quanto trascurabile - proprio come in Harry Potter. 

Non siamo solo il presente, non possiamo pensarci solo nel presente. Il tempo ha una presa limitata su di noi - e viviamo una realtà interiore dove esse, se esiste, è aggrovigliato, con i vari estremi che si toccano, in un'eco di rimandi e attese.

La stessa dialettica tra ricordo e realtà garantiesce, di converso, la possibilità dell' originalità nel nostro agire, potendo immettere novità nella nostra vita. Il ricordo non detta il reale e il reale non finisce nel ricordo. Possiamo fare qualocos'altro, possiamo non appartenere e basta ad una situazione. Proprio perchè tra realtà e ricordo il rapporto è, almeno in parte, di mutua interpretazione e non di semplice convivenza o superimposizione.

Se ricordiamo possiamo, forse, trasformare le difficoltà da battaglie totali a pezzi di storia in cui stare, armati non di spada ma della nostra storia e di tutte quelle a cui è intrecciata - compresa quella che è come a "sbalzo" rispetto a ciò che abbiamo vissuto.

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