Detto tra noi. Parlare di violenza tra uomini.
Nei quartieri si crepa la laccatura rossa delle panchine, moniti ricorrenti ma su cui ci si siede sopra. Nella strada della stessa città alle ragazze si fischia, si grida, si cammina dietro veloce. Nelle case una viene picchiata, una viene intimitida, una viene assasinata. Una e una ancora. Una viene ritrovata morta nel bosco.
Ci sono un milione di cose nascoste nel discorso e ci sono un milione di motivi per cui dire 'noi uomini' e 'voi donne' è stupido - ma se è quello che ci serve per fare un discorso accettiamo, cari uomini, di essere associati con questi uomini. D'altronde questi uomini li conosciamo, potremmo essere noi, ci andavamo a scuola e non sono così diversi da noi.
E' da troppo che il discorso in merito alla violenza aspetta di diventare un discorso sulla violenza degli uomini. Mentre nel Paese cresce la consapevolezza della tragedia, gli ambienti e le menti maschili rischiano di essere impermeabilizzati.
Non è bello pensare che questo discorso ci coinvolga, soprattutto perchè i maschi che per primi faranno questo discorso sono probabilmente i più distanti dalla violenza. Si può partire dal riconoscere che la violenza che gli uomini indirizzano alle donne è stata già scambiata tra gli uomini. Lo vivono anche gli uomini che non sono violenti. I commenti che mettono in ballo la mascolinità agganciandola all'orientamento sessuale, i sospiri e gli sguardi distratti che inibiscono sul nascere la condivisione di una tristezza, l'ostinato modo di immaginare una normalità fatta di calcio e volgarità e una eccezionalità che raccoglie tutto il resto.
La mania controllante le cui spire soffocano centinaia di donne intorno a noi è prima di tutto praticata dagli uomini sulla propria psiche, sulle proprie emozioni e sulle proprie vite. Gli uomini illusi che il loro potere possa disporre di tutto esercitano questo potere anche per sopprimere sè stessi, per non inseguire un desiderio ormai sepolto. Gli uomini allergici all'alterità delle donne sono allergici all'alterità di sé stessi e degli altri uomini.
Un uomo che considera la violenza dei suoi simili come un'eccezione mostruosa è o cieco o intellettualmente disonesto. Può ripensare ai corridoi di scuola, può aprire un social network, può ascoltare i suoi pensieri mentre prende una decisione o attraversa uno spazio e troverà indicazioni sulla sua vita e comprenderà come essa si riversa sulla vita altrui.
Questo è, prima di tutto, un problema per gli uomini. Stiamo crescendo generazioni di imbecilli il cui vocabolario morale è totalmente sbagliato. Per esempio, molti ragazzi sono convinti che l'incapacità di verbalizzare le proprie emozioni sia una cosa simile alla forza. Navigare la vita con queste indicazioni così platealmente false significa andare senza dubbio persi.
L'uomo violento è il penultimo stadio di una vita incompiuta, incapace di mettere in gioco la propria persona e il cui esito definitivo è il suicidio. Cari uomini, dobbiamo avere il coraggio di domandare se, al di là delle piccole gioie del cameratismo fine a sé stesso, questo modo di vivere ci può consegnare una vita piena, gioiosa, bella. Io credo di no e le statistiche sulla salute mentale degli uomini mi danno ragione.
La mano che picchia per trattenere, che preferisce uccidere che rinunciare al potere, è una mano che è inesperta di desiderio. Ci crescono senza insegnarci la libertà - né per noi né per gli altri. Essendo conformi ci aspettiamo di avere ciò che vogliamo - non sappiamo volere altrimenti, non sappiamo superare l'oggetto quando ha una volontà. Dato che non conosciamo il desiderio e la libertà che ne concorre usiamo il potere, che elimina l'incertezza e ribalta la dinamica: il desiderio mi attira a te, il potere ti tiene a me.
Ho imparato con grande fatica a dire 'ti voglio bene' ai miei amici. Se è vero che c'è una spinta per la giustizia in ognuno di noi, come possiamo sorprenderci che l'enorme ingiustizia subita dall'uomo a cui viene ordinato di preferire un'immagine di potere alla realtà dell'amore non esploda in una rabbia incontenibile?
E' il momento di lasciare andare questa strada tracciata, pure se l'hanno percorsa i nostri eroi, e scegliere di non farci immagine di nulla se non di un uomo più antico e più nuovo. Ad aprire la nuova strada non possono che essere gli uomini contemporanei che più sono lontani dal presente. Siamo forti abbastanza per seminare per le strade la nostra fiducia, la nostra vulnerabilità, il nostro coraggio e speranzosi abbastanza per pensare che un bene sconosciuto sia meglio di un male conosciuto.
LOUDERRR!!!
RispondiEliminaLouderrr!
EliminaGrazie! Partirò da questo tuo intervento per una riflessione in classe. Le dinamiche relazionali che descrivi sono evidenti in ogni gruppo di amici. Sarebbe interessante delineare insieme la reazione delle ragazze, la loro risposta, il loro adeguarsi o reagire, le emozioni o le sensazioni che provano davanti a questi cliché.
RispondiEliminaMolte delle cose scritte qui vengono proprio dalla scuola, bello che ci possano tornare! Se vuole possiamo continuare la conversazione, la mia email è giovannicerboni@gmail.com
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