Amico/nemico. Appunti sulla guerra.

Carl Schmitt, giurista e filosofo del diritto del secolo scorso, ha scritto che la categoria del politico è il amico-nemico. Così come la morale ragiona su giusto-sbagliato, il politico ragiona sull'amico e sul nemico. Ci penso spesso, osservando ciò che affolla le pagine di esteri dei giornali. Tra Israele e Palestina i politici e i terroristi ragionano in questi termini ed è evidente che le categorie amico e nemico animano anche il dibattito in Europa e negli Stati Uniti. Progressisti anticlericali si siedono sugli spalti accanto agli Ayatollah e i democratici non tremano accanto ai fascisti di Bibi, pur di non sedersi dall'altra parte.

Questo non è un commento sull'equidistanza, che considero comunque una pratica faticosa e tutto sommato poco remunerativa. E', al contrario, su amici e nemici, due che stanno molto vicini. Schmitt presenta il nemico come l'antagonista inevitabile del dramma della politica. Dove la pace regna, dice e dobbiamo dargli ragione, è solo perchè è stato trovato un nemico più distante. L'Europa che ha Schengen dentro e la violenza poliziesca ai confini ne è un buon esempio. 


A Sarajevo. 'Pace' in Bosniaco, Serbo e Croato.

E' possibile fare politica senza nemici? Non possiamo del tutto negare che il nemico rimanga qualcosa di oscuro e ricorrente nella vita politica. All'interno è difficile - non impossibile - liberarsi concettualmente del 'terrorista', del 'rivoluzionario' e del conseguente utilizzo della forza organizzata per neutralizzare la minaccia all'ordine. Fuori dai confini, nelle relazioni internazionali, le occasioni di confronto sembrano sopraffare quelle di cooperazione. Io propongo due suggerimenti sulla politica dell'amico-nemico. 

Primo. Amico-nemico implica una alterità molto forte. Possiamo immaginare che il ragionamento vada così: il nemico vuole la nostra morte, vuole il mio contrario, è il mio contrario. Eppure, nel mondo, esistono nemici che parlano quasi la stessa lingua e i gruppi nemici che condividono figli - come io ho visto in Bosnia Erzegovina. Insomma, esiste la realtà. L'inimicizia implica una vicinanza e la vicinanza può significare confini burrosi e vite promiscue. L'alterità amico-nemico si acuisce in un processo politico-culturale in cui si fa il lavorio necessario per fare in modo che l'attrito prenda il posto del burro. Non esiste necessariamente nel politico - perchè gli esseri umani preferiscono non scannarsi. L'alterità si costruisce nel discorso, che non è privo di errori e di interessi parziali, e così spiega il ricorrente tema dell'animalità/disumanità del nemico. Non solo il disumano non ha diritti, ma non ha niente a che fare con me. Scompare la distinzione dei volti, scompare perfino il corpo (nella Prima Guerra Mondiale tra Francesi e Tedeschi si leggevano fantasiose relazioni di medici sulla biologia del nemico).

Secondo. Amico-nemico può essere una figura momentanea. Non c'è dubbio che in questo momento diverse comunità politiche nel mondo siano incardinate su questa categoria. Non è necessario che questa distinzione rimanga eterna - non è nemmeno conveniente. Sia che vediamo lo stato come un modo per acquisire sicurezza sulla vita (Hobbes) sia che lo vediamo come modo di ottenere maggiore diritti (Locke) l'amicizia si integra organicamente nella parabola politica: avere amici ci rende più sicuri, allarga i nostri diritti. La possibilità dell'inimicizia rimane e credo che Schmitt avesse intuito in essa un polo veramente essenziale della politica ma è possibile una politica della pace. Politica della pace, dentro e fuori i confini dello stato è far percepire gli attributi delle identità come non fissi. I poveri possono diventare benestanti, gli sconosciuti farsi conoscere, i nemici amici. Questo avviene senza distruggere le alterità ma relativizzando gli attributi.

La politica della pace, così abbozzata, è opposta alla retorica sulle stirpi e io sostengo sia più efficace perchè più profondamente incarnata. Certo, questa politica della pace non può risolvere il dramma della ferita subita, vero problema in un mondo in cui la maggior parte delle guerre ri-partono. Certo è che non la si può lasciare al tempo. Bisogna, insomma, entrare maggiormente nell'opacità dell'amico-nemico e trovarne la chiave di volta. Come un nemico diventa amico?

Commenti

Post più popolari