Appunti dalla Peste: la mascherina e il volto dell'Altro.

Anziano con mascherina

"Uno sconosciuto
 è mio amico / uno che io non conoscouno sconosciuto lontano lontano." (P. F. Lagerkvist)
"Discorso e azione sono le modalità in cui gli esseri umani appaiono gli uni agli altri non come oggetti fisici, ma in quanto uomini." (H. Arendt)

Oggi durante la Messa una signora ha letto la prima lettura e il salmo indossando la mascherina. Un dettaglio tutto sommato trascurabile dato che viviamo una fase disperatamente acuta di una pandemia. La signora leggeva e io, distratto dal suono un po' discontinuo ripreso dal microfono, mi sono un attimo messo a pensare. 

Mi ha sorpreso che la signora leggesse con la mascherina. Questo mi solleva. Alle cose brutte non bisogna mai abituarsi e credo che la capacità di scandalizzarci davanti al male sia una cosa che ci aiuta a non interrompere la ricerca del Bene. Ovviamente il male non sta nella mascherina, come avrò modo di sottolineare più avanti, ma in questa maledetta peste che ci obbliga a tenerla, a stare chiusi a casa, a far scoppiare gli ospedali e a salutare tanti cari. Credo che un giorno in cui non ci scandalizziamo davanti al numero di morti, davanti alle immagini dei medici stremati o semplicemente sentendo il racconto di quei piccoli cittadini che in questo clima iniziano la prima elementare stiamo rischiando di perdere la bussola per uscire sani da questa situazione. Diceva A. Camus, autore che ha mirabilmente esplorato "La Peste", che l'uomo e la donna acquisiscono una statura nobile davanti alla vita se capaci di "morire irriconciliati" con la sua assurdità. Mi auguro che siamo capaci di stare davanti all'assurdità di questi giorni senza abituarci mai. Almeno questa al virus non gliel'ho concessa: la mascherina, a cui sono comunque fedelissimo, mi fa ancora stranire. 

Ciò che è degno di nota in questa situazione però non è questa forse troppo romantica interiorizzazione del conflitto vita-peste. E' la lucida intuizione che l'uomo e la donna, nel loro essere qui, non siano minimamente coperti da una semplice mascherina. Mi ha dato conforto sentire che quella donna, seppur un po' ingolfata, faceva spandere la sua voce calda, un po' rauca, nello spazio della chiesa. La capacità di parlare e di impattare nella realtà non ci sono state tolte. E' quasi incredibile come ciò che ci rende quello che siamo, nelle nostre relazioni, sia stato scosso, messo in crisi, disturbato ma affatto alterato nella sua essenza. Quella signora leggeva e diceva a me, uomo davanti a lei, qualcosa. Sta qui, forse, tanto di quello che siamo e non ci è sottratto. La mia regione è "diventata rossa" e la sensazione di essere costretti in casa può farci sentire soli, tristi, incompiuti. La speranza sta in questa capacità di stare, comunque, l'uno davanti all'Altro, raccontarci e ascoltarci. Non nonostante la difficoltà ma nella difficoltà, dato che sopratutto nel dolore spacchiamo lo scudo di pretesa autosufficenza e ci riconosciamo fratelli corrispondenti e diversi.

Un ultimo appunto. Penso anche che la mascherina sia anche un modo per rafforzare quello che siamo. Se è vero, almeno in parte, che siamo davanti all'Altro in un rapporto in cui ci raccontiamo e ci prendiamo cura vicendevolmente, la mascherina è un gesto per abitare questa dimensione con maggiore serietà, costanza e pubblicità. La mascherina è una abdicazione alla nostra volontà di dominio, al nostro folle desiderio di indipendenza e autonomia. Uno rinuncia alla propria comodità per proteggere il prossimo, chiunque esso sia: un compagno di classe, un amico ma anche un passante, una cassiera, il vicino rumoroso e magari antipatico. Tutti meritano di essere protetti, senza stare a contare colpe o successi. Ci scopriamo, tutto ad un tratto, degni e bisognosi dell'attenzione altrui. Grazie alle mascherine, ci sveliamo per ciò che siamo, per ciò che significa essere umani in una comunità e accettare di indossarla significa rinunciare all'illusione di un mondo che ha noi come centro e misura. Significa limitarsi, restringersi, fare spazio all'Altro. La mascherina ci svela, almeno un po', il volto dell'Altro strappandolo dall'indifferenza, dando un significato a presenze che rischiano di scadere nella distanza. 

La colpa smette di essere la violazione di una regola ma una mancanza di cura, di corresponsabilità, di serietà nello stare in un gioco che ci riguarda tutti. Forse in questa stagione dovremmo anche capire cosa significano le nostre regole e cosa significa, al di là del danno procurato, violare delle norme comuni.

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