Appunti dalla Peste: assetati di Bellezza, non di normalità.
Nelle ultime due settimane ho cercato attentamente qualcosa di rilevante da raccontare a me e a voi.
Prima di tutto vorrei rendervi partecipi di una grande gioia. La scuola in Toscana è tornata in presenza e lunedì mattina sono andato a scuola.
Dopo aver passato la notte in bianco, come quando da piccolo aspettavo il primo giorno del nuovo anno scolastico, mi sono alzato, preparato e incamminato verso il mio liceo.
Dopo non so quanti mesi mi sono ritrovato tra i rumori della città che si sveglia e che, come un irritato pachiderma, si muove goffamente, con un sacco di traffico, con il ritmo lento delle code e gli scatti di chi ha fretta. Dopo mesi, attorno a me stormi di giovani, mascherati, allegri, camminavano, ascoltando la musica, guardandosi attorno, guardando in basso, chiaccherando. L'aria era piena di smog e soffiava un vento freddo, il vento freddo di Gennaio, carico di quei fumi acri e pungenti. Eppure veniva voglia di respirarlo a pieni polmoni, di farsi sferzare il volto mille volte da quel vento insalubre. Perchè quello smog portava una buona notizia, la più candida e vera delle gioie: "guarda quante persone!"
So che questa frase è stata inquinata dalla peste, che siamo abituati a pronunciarla con sospetto, e invece, in fondo, è una bella frase. Guarda quante persone.
Credo che ognuno di noi debba fare degli esercizi per riappropriarsi di questa e altre frasi. No, non bisogna "tornare alla normalità", ma esercitarsi alla bellezza.
Per tornare alla normalità è ancora presto e, in ogni caso, è una dimensione un po' troppo ambigua, sicuramente neutra e, forse, mediocre. Cosa è normale io non lo so bene, ad un anno dallo scoppio dell'epidemia. Sarebbe interessante interrogarsi sulla detonazione del concetto di "normale". Normale, inoltre, non ci dice la qualità del nostro vivere, ma esprime un giudizio quantitativo (ciò che accade più spesso di altro). Normale trasmette una sensazione rassicurante, ma niente di più.
Tornare a scuola lunedì è stato normale? Sicuramente è stato bello. Esiste il bello anche nell'anormale. Direi che più che ossessionarci con il normale, che è un prodotto seriale di consumo, bisognerebbe orientarci verso la Bellezza. La parola "normale" andrebbe contenuta nel suo campo semantico, quello quantitativo-statistico, e tenuta lontana da tutti gli altri. La Bellezza va preferita perchè apre al futuro, ha un significato valoriale fondamentale ed è assoluta.
La Bellezza è sempre una Bellezza che, stregando i cuori delle donne e degli uomini, alimenta un Desiderio. Questa esperienza non soddisfa un bisogno, ma sta-di-fronte ad un Desiderato, fortissima eppure distante infatti non colma, ma provoca ulteriormente. Mentre la voglia del normale crea attrito con il presente lottando per tornare al passato, la Bellezza strappa il velo dell'oggi e ci invita al futuro. Il movimento del bisogno, anche della normalità, è l'assorbimento, quello del Desiderio, per esempio della Bellezza, il colloquio.
E. Lévinas, meglio di me, direbbe:
Lévinas by Bracha L. Ettinger licensa CC
Il desiderio metafisico ha un'altra intenzione - desidera ciò che sta al di là di tutto quello che può semplicemnte completarlo. E' come la bontà - il Desiderato non lo riempe, ma lo svuota. (Totalità e Infinito, Jacabooks)
L'esperienza della Bellezza sfugge ai processi di possesso-utilizzo, che sono, invece, la normalità. Essa è un punto fisso, instaura una relazione dialettica o didascalica. Vogliamo la normalità per un po' di leggerezza, ma anche per poter scegliere come manipolare una realtà che, finalmente, non ci supererebbe più, ma sarebbe assolutamente disponibile. In un delicatissimo racconto di Maupassant si ritrova una descrizione adatta all'incantesimo sfuggevole della Bellezza. Per comprendere quello che leggerete vi basta sapere che il protagonista è un sacerdote con molte più risposte che domande, "un'anima sempre esaltata ma retta".
Si sentiva come privo di forze, sfinito tutto d'un tratto; aveva voglia di sedersi, di rimanere lì, di contemplare, di ammirare Dio nella sua opera. [...] E un dubbio, una vaga inquietudine lo assalivano. [...] Perchè Dio aveva fatto tutto questo? Dato che la notte è destinata al sonno, all'incoscienza, al riposo, all'oblio di ogni cosa, perchè renderla più bella del giorno, più dolce dell'aurora e della sera, e perchè quell'astro lento e seducente, più poetico del sole e che sembra destinato, tanto è discreto, a illuminare cose troppo delicate e misteriose per la luce, veniva a rendere così trasparenti le tenebre? (Chiaro di Luna, da Racconti Spirituali, Einaudi 2020)
Joseph Rebell "Burrasca al chiaro di Luna" licensa CC
La Bellezza, infine, si incide nel cuore dell'osservatore con maggiore profondità. Ricordando un momento di Bellezza ne siamo nuovamente immersi e abbiamo la netta sensazione che il tempo non sia che una distensio animi, una estensione dell'anima, come diceva Agostino. Quel momento davanti a quel quadro, a quel panorama, a quell'amicizia, a quell'amore. Appena li riportiamo alla mente ci immergiamo nuovamente in quello stupore. Anche se, nel frattempo, tutto è cambiato, niente ci priva di questo tipo di memoria. La Bellezza è assoluta, non si cura della contingenza. E'. Quando soffriamo, quando siamo freddi, vuoti, la Bellezza sta lì, e possiamo sempre attingervi. Direbbe Niccolò Fabi
Ogni saggezza come ogni follia
La gioia è la sua nostalgia
Quelle parole che non trovi mai
Come quelle che scordare non puoiTutto, sì, tutto
Tutto è dentro
Per questi tre motivi (apertura al futuro, valore intrinseco e assolutezza) dovremmo muoverci nella Peste non con l'orizzonte della normalità, che è sterile e noioso, ma con quello della Bellezza, fecondo e degno della nostra statura umana. Spero di avervi convinto.
Vi abbraccio.
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