Marginalia. "La prospettiva rovesciata" di P. A. Florenskij

Oltre gli Appunti dalla Peste e i contenuti in occasione di ricorrenze importanti questo blog ospiterà anche delle piccole recensioni di mie letture. La rubrica, con cadenza spasmodica e casuale - come è il mio ritmo di lettura, si chiama Marginalia. I marginalia sono gli appunti, in manoscritti prima e poi nei libri, che monaci e lettori lasciano sui volumi. 

Il primo libro di questa rubrica è "La prospettiva rovesciata" (Adelphi, 2020) di Pavel A. Florenskij, intellettuale russo e uomo dal pensiero complesso ed eclettico, eppure incredibilmente integro. Morì, da martire, fucilato dal regime sovietico, nel 1937. 

Il libro è la trascrizione di una sua relazione del 1920, tratta del tema della prospettiva, dell'idea che ne abbiamo e della costruzione dell'immagine nell'arte occidentale.

In una prosa densa ma vibrante Florenskij indaga, con la scusa di investigare la prospettiva, il ruolo stesso dei valori con cui leggiamo il reale. L'autore si scaglia contro quelli intellettuali e quel discorso generale che voleva la prospettiva come il modo più realistico di dipingere e difende il sistema dell'iconografia russa, dove gli edifici appaiono con più facce, si vedono tutti i lati dei tomi impugnati da santi e beati. Il tema della prospettiva, però, è solo un pretesto per una discussione ben più profonda e attuale. 

La prospettiva scientifica ha la pretesa di assolutizzare il singolo punto di vista dell'osservatore compiendo un'operazione "follemente presuntuosa". Florenskij dimostra avvincentemente come la prospettiva scientifica sia una possibilità rappresentativa tra le tante, basata su assunti filosofici e matematici discutibili. La realtà è complessa, fluida, immensamente profonda e l'arte non può servire a rifugiarsi in creazioni artificiali e perfette ma inutili a indagarne il mistero.

Allo stesso modo i valori della nuova era sovietica, che con violenza sommergeranno Florenskij, si ponevano come assoluti. Il libro, allora, diventa l'invettiva mistica e ribelle a difesa della libertà di giungere fino al fondo delle cose senza accontentarsi di simulacri - per quanto ammalianti. L'autore, discettando di matematica e teoria dell'arte, sfogliando Kant, Anassagora e Cantor, arriva, senza sforzo, alla prospettiva rovesciata: la possibilità di un modo di pensare interiore, profondo, radicato. 

Il volumetto - appena 150 pagine - interroga le nostre prospettive e ne offre una ribaltata. E se le nostre convinzioni non fossero che minuscoli iati, immobili e irrealistici? Florenskij apre la strada ad un modo di intendere le cose che mette al primo posto la profondità della vita e non la misura delle nostre idee. 
"Nella rappresentazione viva c'è un continuo fluire [...] essa ferve, sfolgora, palpita ininterrottamente, e nella contemplazione interiore non si arresta mai all'arido schema delle cose."

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